IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCE 
 
 
                          Sezione 1^ penale 
 
    Riunito  in  camera  di  consiglio  nelle  persone  dei   Signori
Magistrati: 
        dott. Stefano Sernia, Presidente rel.; 
        dott. Silvia Minerva, Giudice; 
        dott. Maddalena Torelli Giudice, 
    decidendo  sulla  richiesta  di  giudizio  abbreviato   formulata
all'odierna udienza, a seguito di  contestazione  suppletiva  operata
dal P.M all'udienza del 20 novembre  2013,  dall'imputato  A.  G.  ha
pronunziato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    A. G. veniva citato davanti a questo Tribunale, con  decreto  che
dispone il giudizio emesso dal GUP  all'udienza  preliminare  del  17
gennaio  2013,  per  rispondere  del  reato  di   violenza   sessuale
continuata in danno di S. F., figlia della sua convivente,  minorenne
all'epoca dei fatti, nonche' dei reati di maltrattamenti  e  violenza
sessuale continuata in danno della propria moglie, D. M. F. 
    All'udienza del  20  novembre  2013,  sviluppando  elementi  gia'
emergenti  da  dichiarazioni  rese  dalle  persone offese  nel  corso
dell'incidente  probatorio,   il   P.M,   modificava   ed   integrava
l'imputazione relativa ai reati contestati  come  commessi  in  danno
della minore; anticipando la  data  di  consumazione  delle  violenze
sessuali ad epoca in cui la persona offesa non aveva ancora  compiuto
i 14 anni, contestava quindi l'aggravante  di  cui  all'art.  609-ter
c.p.; inoltre, verosimilmente  in  adesione  a  linee  difensive  che
l'imputato appariva aver adottato nel  discutere  dei  fatti  con  la
moglie (come risultava dall'incidente probatorio cui  questa  -  come
anche la minore S. era stata sottoposta), il P.M. contestava altresi'
il reato di cui all'art. 609-quater c.p., con riferimento  agli  atti
sessuali che l'imputato avrebbe commesso con  la  S.  una  volta  che
questa aveva gia' compiuto i 14 anni e con lui conviveva. 
    Concesso termine alla difesa istante, e piu'  volte  rinviato  il
processo su istanza  di  parte  (senza  compimento  di  alcuna  altra
attivita')  legata  al  perdurare,  per  quasi   quattro   mesi,   di
un'astensione  dalle  udienze  degli  avvocati   del   foro   locale,
all'udienza del 2 luglio 2014 la difesa chiedeva di essere ammessa al
rito  abbreviato  per  tutte  le   imputazioni   o,   in   subordine,
relativamente  ai  reati  oggetto   di   modifica   dell'imputazione,
producendo  una relazione  tecnica   di   parte   di   cui   chiedeva
l'acquisizione quale condizione del rito ai sensi dell'art. 438 comma
5 cpp, formulando comunque istanza di ammissione al  rito  abbreviato
«semplice» nel caso il tribunale non avesse  ritenuto  di  accogliere
l'istanza di rito abbreviato condizionato. 
    Il P. M. chiedeva termine e,  all'odierna  udienza,  ha  espresso
parere contrario all'accoglimento  dell'istanza  di  rito  abbreviato
condizionato e, quanto alla richiesta subordinata di rito «puro»,  si
e' detto contrario all'accoglimento  dell'istanza  per  i  reati  non
oggetto di modifica dell'imputazione. 
    Il Tribunale osserva che, in  relazione  alla  contestazione  del
reato di cui all'art. 609-quater cpp, formulata  ai  sensi  dell'art.
517 cpp in relazione a fatti gia' emergenti dagli atti  di  indagine,
la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 333 del  12
dicembre  2009)  e'  gia'   intervenuta   riconoscendo   il   diritto
dell'imputato a richiedere  il  rito  abbreviato  (dopo  che  con  la
sentenza n. 265 del 30 giugno 1994 gia' aveva  riconosciuto  in  tale
caso il diritto  a  chiedere  il  rito  di  cui  all'art.  444  cpp),
allorche' il P.M. modifichi l'imputazione, sia che si tratti  di  una
contestazione modificativa ai sensi dell'art. 516  cpp,  sia  che  si
tratti della contestazione di un ulteriore reato  connesso  ai  sensi
dell'art. 517 cpp. 
    Con la recente sentenza n. 184 del 23-25 giugno  2014,  la  Corte
Costituzionale ha infine  riconosciuto  il  diritto  dell'imputato  a
chiedere di essere ammesso al rito alternativo di  cui  all'art.  444
cpp nel caso in  cui,  ai  sensi  dell'art.  517  c.p.p.,  il  P.  M.
modifichi l'imputazione contestando una circostanza  aggravante  gia'
risultante  dagli  atti  di  indagine;   ripercorrendo   la   propria
giurisprudenza espressa dal 1992 in tema di tutela  delle  necessita'
difensive conseguenti alla modifica  dell'imputazione  (a  cominciare
dalla riespansione del diritto alla prova  sino  appunto  al  diritto
alla rimessione in termini per chiedere riti alternativi),  la  Corte
costituzionale ha, coerentemente con  le  sue  precedenti  pronunzie,
ribadito  come  la  possibilita'  di  optare  per  un  rito  premiale
costituisca  anch'essa  espressione  del  diritto  di   difesa,   che
ricomprende anche la facolta' di selezionare la piu' conveniente  tra
diverse strategie difensive, di cui la scelta di un rito premiale  e'
un aspetto fondamentale, che verrebbe pertanto leso laddove, in  caso
di modifica dell'imputazione, alla difesa non venisse riattribuito il
potere di valutare la convenienza di un  rito  alternativo;  rilevato
che tale diritto deve poter trovare espressione anche nel caso in cui
venga contestata una circostanza  aggravante,  la  Corte  ha  infatti
osservato che «l'imputato cui sia stata  contestata,  nel  corso  del
dibattimento, una circostanza aggravante sulla base di elementi  gia'
acquisiti al momento dell'esercizio dell'azione penale, non si  trova
in  una  situazione  diversa  da  chi  analogamente  si  e'   sentito
modificare l'imputazione con la contestazione di  un  fatto  diverso,
evenienza che in realta' potrebbe costituire per l'imputato anche  un
pregiudizio minore. Sotto questo aspetto,  quindi,  essendo  divenuta
ammissibile la richiesta di patteggiamento nel caso di  modificazione
dell'imputazione, a norma dell'art. 516 cod. proc. pen., potrebbe dar
luogo a una disparita' di trattamento  la  sua  esclusione  nel  caso
della contestazione di una  nuova  circostanza  aggravante,  a  norma
dell'art. 517 cod. proc. pen. 
    In conclusione, poiche' «le valutazioni  dell'imputato  circa  la
convenienza del rito speciale vengono  a  dipendere  anzitutto  dalla
concreta impostazione data al processo dal pubblico  ministero»,  non
vi e' dubbio che, in seguito al suo errore e al  conseguente  ritardo
nella  contestazione  dell'aggravante,  l'imputazione   subisce   una
variazione sostanziale, si' che «risulta lesivo del diritto di difesa
precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali» (sentenza n.  265
del 1994). 
    Del resto va considerato che «il patteggiamento e' una  forma  di
definizione pattizia del contenuto della sentenza  che  non  richiede
particolari  procedure  e  che  pertanto,  proprio   per   tali   sue
caratteristiche, si presta ad essere adottata in qualsiasi  fase  del
procedimento, compreso il dibattimento» (sentenza n.  265  del  1994;
ordinanza n. 486 del 2002).  L'adozione  del  rito  speciale  risulta
comunque idonea  a  produrre  un  effetto,  sia  pure  attenuato,  di
economia processuale. 
    Ugualmente  deve  ritenersi  violato  l'art.  3  Cost.,   venendo
l'imputato irragionevolmente discriminato, ai, fini  dell'accesso  ai
procedimenti  speciali,  in  dipendenza  della  maggiore   o   minore
esattezza o completezza  della  valutazione  delle  risultanze  delle
indagini preliminari da parte del pubblico  ministero  alla  chiusura
delle indagini stesse (sentenza n. 265 del 1994).» 
    Come  puo'  osservarsi,  la  pronunzia  della  Corte   interviene
sull'art. 517 cpp limitatamente all'ipotesi in cui il rito  prescelto
sia quello di cui all'art. 444 cpp; ma, come peraltro la stessa Corte
ha osservato in parte motiva nel ricostruire la genesi e l'evoluzione
della sua giurisprudenza in materia, deve oggi affermarsi che,  sotto
il profilo dell'ampiezza del diritto all'esercizio della  scelta  del
rito alternativo in caso di modifica dell'imputazione  da  parte  del
P.M., non si ponga  differenza  alcuna  tra  giudizio  abbreviato  ed
applicazione della pena. 
    Si evidenzia quindi un contrasto della vigente disciplina, per il
caso di contestazione suppletiva di una circostanza  aggravante  gia'
risultante dagli atti, con l'art. 24 Cost. - venendo ad incidere  sul
diritto di difesa, nella parte in cui non consente l'accesso al  rito
abbreviato, che appartiene al ventaglio delle scelte  difensive  -  e
con l'art. 3 Cost., atteso  che,  come  gia'  osservato  dalla  Corte
costituzionale, si realizza una  disparita'  di  trattamento,  pur  a
parita' di esigenze difensive poste dalla modifica  dell'imputazione,
sia con chi per effetto della sentenza n.  184/2014  puo'  richiedere
l'applicazione della pena, sia con chi, per effetto della sentenza n.
333/2009,  puo'  chiedere  il  giudizio   abbreviato   in   caso   di
contestazione di un reato concorrente gia' risultante dagli  atti  di
indagine. 
    Poiche' ovviamente il giudice ordinario non ha  alcun  potere  di
procedere ad  applicazione  analogica  delle  pronunzie  della  Corte
costituzionale,  il   cui   effetto   e'   abrogativo   della   norma
incostituzionale, la questione  della  incostituzionalita'  dell'art.
517 cpp - nella parte in cui non prevede che l'imputato cui sia stata
contestata in dibattimento una circostanza aggravante risultante gia'
dagli atti di indagine,  abbia  il  diritto  di  chiedere  di  essere
giudicato nelle forme del rito abbreviato - essendo rilevante per  la
decisione  sull'ammissibilita'  del  rito  (a  prescindere  da   ogni
valutazione, allo stato,  circa  la  ricorrenza  dei  presupposti  di
accoglibilita' di un'istanza di rito abbreviato condizionato,  atteso
che  comunque  in  via  subordinata  si  e'  chiesto  anche  un  rito
abbreviato  «puro»),   va   conseguentemente   rimessa   alla   Corte
costituzionale. 
    Come la Corte costituzionale ha osservato anche  con  l'ordinanza
n. 67/2008, alla stregua  del  consolidato  indirizzo  interpretativo
espresso dalla Suprema Corte  di  Cassazione,  nel  caso  in  cui  il
processo  abbia  ad  oggetto  piu'  imputazioni,  l'accesso  al  rito
alternativo deve riguardarle tutte, atteso che l'effetto premiale che
caratterizza il rito appare incompatibile con una frammentazione  del
processo che costringa comunque alla celebrazione del dibattimento. 
    Pur opinabile tale interpretazione  (il  giudizio  dibattimentale
quanto alla residue imputazioni e' comunque semplificato dall'accesso
a rito alternativo per le altre, e potrebbe ben quindi  giustificarne
gli effetti premiali), dalla disciplina che ne deriva consegue  pero'
che l'imputato, nel  caso  in  oggetto,  potrebbe  accedere  al  rito
alternativo,  quanto  alle  imputazioni  oggetto   di   contestazione
suppletiva o modificativa, solo laddove detto rito  fosse  esperibile
anche per le altre imputazioni; quanto  a  queste  ultime,  tuttavia,
egli e' decaduto dal termine previsto dalla legge. 
    Pur  vero  che  la  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.
333/2009, ha ritenuto non  implausibile  la  prospettiva  ermeneutica
che, in caso di modifica dell'imputazione ex art. 517 cpp,  legittimi
la parte alla richiesta di un rito alternativo solo per l'imputazione
modificata,  il  Tribunale  ritiene  comunque  che   vada   sollevata
questione  di   incostituzionalita'   circa   l'impossibilita',   per
l'imputato, di chiedere un rito alternativo che si estenda  anche  ai
reati non oggetto di imputazione  suppletiva,  dovendosi  considerare
come,  generalmente,  la  modifica  anche  solo  di  una   tra   piu'
imputazioni possa esercitare - ed  in  genere  eserciti  -  rilevanti
effetti  sul  ventaglio  delle  strategie  difensive  opzionabili  in
relazione all'intera materia del processo. 
    Infatti, laddove, a  seguito  di  modifica  solo  parziale  delle
imputazioni, non venisse riconosciuta la  facolta'  dell'imputato  di
richiedere l'ammissione a riti alternativi anche per  le  imputazioni
in relazione alle  quali  non  vi  e'  stata  modifica,  ne  verrebbe
pregiudicato il  diritto  di  difesa  relativo  a  quelle  modificate
(laddove si ritenesse l'inammissibilita' di un accesso  parcellizzato
ai riti alternativi)  e,  piu'  in  generale,  ne  verrebbe  comunque
compromesso quell'aspetto del diritto di difesa che, articolandosi in
relazione ad un processo unitario, deve poter esprimere altresi'  una
strategia difensiva che consideri l'intera materia del  processo,  in
quanto  la  modifica  anche  solo  di  una  delle  imputazioni   puo'
comportare un'alterazione dell'equilibrio  delle  scelte  strategiche
compiute dalla difesa considerando gli esiti possibili  del  processo
in base alle imputazioni formulate dal P.M. (la cui modifica, ad es.,
potrebbe   rendere   impraticabile   l'aspettativa,   originariamente
fondata, di poter godere, in caso di  condanna,  dell'irrogazione  di
una pena mite  e  suscettibile  di  sospensione  condizionale,  o  di
sostituzione con misure alternative in corso di esecuzione); laddove,
va ricordato, la Corte, anche con la sua piu' recente giurisprudenza,
ha ricordato che non possa farsi carico all'imputato di  prevedere  i
possibili  sviluppi  del  processo,  sicche',  in  caso  di  modifica
dell'imputazione,  non  gli  si  debba  opporre  l'omesso  esercizio,
allorche'  era  possibile,  della  facolta'  di  chiedere   un   rito
alternativo.